Epifanie agostane a Teggiano

A Teggiano non c'è una leadership culturale (vedi il concetto di "egemonia culturale" di gramsciana memoria per tradurre efficacemente il concetto anglosassone di leadership ormai sdoganato purtroppo anche a sinistra). Succede quindi che nonostante l'approvazione, già per altro datata, del PUC, questo non abbia in nessun modo implicato una logica armonizzazione tra l'attività edilizia di iniziativa privata, ambito a cui di norma si ritiene relegata l'urbanistica comunale, e le scelte legate ai lavori pubblici, che all'opposto si ritengono di competenza pubblica, appunto. Il risultato è che si produce, ancora oggi e non solo a Teggiano per la verità, una dicotomia assurda ma di fatto operante a tappeto, tra l'attività privata e ordinaria, regolata dall'urbanistica, percepita unicamente come sistema di vincoli e limitazioni, e quella pubblica regolata di fatto dalla politica, nell'interesse pubblico, ma al di fuori del quadro urbanistico (che non è, e non dovrebbe essere, sinonimo di "privato"). Ciò è plasticamente dicotomizzato negli uffici tecnici dei comuni in cui ad un lato del corridoio centrale si trova il settore urbanistica e all'altro quello dei lavori pubblici, separati da un muro di incomunicabilità e incomprensioni. L'assurdità evidente è che le competenze urbanistiche vengono dirottate ed inviluppate nel quadro del sistema, parametrico e per niente spaziale, degli strumenti urbanistici, mentre le incompetenze urbanistiche delle amministrazioni politiche finiscono per lasciare campo libero agli interessi privati dietro il paravento dell'interesse pubblico. Così gli architetti, ad esempio, vengono relegati al dominio del privato, con tutto quello che ne consegue, mentre i "non architetti" operano di fatto e liberamente (senza vincoli) nell'ambito pubblico. Secondo quella che pare a tutti gli effetti una torsione degna della neolingua di orwelliana memoria, in cui il ministro della pace si occupava della guerra e così via, accade che ciò che è pubblico viene gestito privatamente e ciò che è privato risponde a regole codificate pubblicamente nei piani regolatori. Cosa comporta tutto ciò? Ad esempio che nonostante si parli di un centro storico ricadente nel Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e annoverato tra i siti Unesco, possa accadere, senza che nessuno abbia qualcosa da osservare, che la ristrutturazione di un edificio in muratura del centro storico si trasformi, per un motivo o per l'altro, in una costruzione ex novo (sostituzione edilizia) mediante la realizzazione di un fabbricato completamente nuovo in c.a., solo con la medesima forma e volumetria di quello storico, il quale però nel frattempo è stato distrutto. Questo per la verità non succede solo a Teggiano, e non solo nel centro storico, ma un po' ovunque e nonostante la strumentazione urbanistica vigente. Questo è possibile perché il PUC non vieta la sostituzione edilizia neanche nel Centro Storico, nonostante sia stato redatto da architetti, ma soprattutto perché nessuno ha ritenuto necessario redigere un nuovo "Piano di recupero" (un PUA dedicato al CS) dopo quello degli anni ottanta, per quelle povere pietre che, solo da qualche secolo, sono state, tra l'altro con grande fatica, ammassate su quel cucuzzolo di collina prima che il delirio produttivista degli anni 70 del '900 ed oltre (il boom economico in ritardo di almeno un ventennio) sortisse il sostanziale abbandono del centro storico di Teggiano e la speculare devastazione della pianura del Comune con uno sprawl (vedi espansione urbana dissennata e senza regole, rispondente all'unico piano regolatore permanente: mi faccio la casa nel mio terreno!) senza precedenti e pari forse nell'intera provincia di Salerno. 

Al Centro storico di Teggiano serve un nuovo Piano di Recupero, redatto dagli architetti teggianesi, ma serve anche superare la cultura, egemone dagli anni '80 almeno, dell'urbanistica come cosa altra rispetto ai lavori pubblici e a questi sottoposta. Ma un nuovo Piano di Recupero per il Centro Storico ha senso compiuto solo se si lavora ad un'idea, che è considerata ancora assurda, di ritorno dalla pianura (e non solo teggianese).

Arch. Alessandro D'Aloia

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